L’associazione Antinoo Arcigay Napoli esprime tutto la sua amarezza e la sua delusione nel constatare che, in una circostanza gravissima come la morte di Maria Paola Gaglione, un punto di riferimento importante per la comunità del territorio, Don Maurizio Patriciello abbia utilizzato le colonne della testata L’Avvenire per accusare l’Arcigay di Napoli di voler strumentalizzare la drammatica vicenda di Caivano, attraverso un comunicato stampa, quello diramato per denunciare il fatto sangue, che – a detta del parroco – sarebbe inesatto sin dall’inizio.
Le inesattezze a cui fa riferimento Don Patriciello ci sono – è vero – e sono relative all’età della ragazza morta e al nome del fratello tratto in stato di fermo. Due errori formali, due refusi per dirlo in termini tecnici, dettati dalla tensione del momento e dalla drammaticità del fatto che ha profondamente scosso l’animo della comunità LGBT+.
Resta il fatto che non si capisce quale sarebbe la ragione per cui il comunicato di un’associazione di volontariato presente da 36 anni sul territorio, come Antinoo Arcigay Napoli, avrebbe avuto un intento strumentalizzante. Quale interesse personale – ci chiediamo attoniti – avremmo perseguito nel denunciare la violenta storia di sangue che ha colpito una giovane coppia, il cui amore è stato distrutto per il semplice fatto di non essere conforme a standard socio-culturali proprio di un immaginario sessista, maschilista, misogino e patriarcale? Quale forma di manipolazione avremmo agito sui fatti in questione?
Padre Patriciello, probabilmente, cerca in questo modo di rispondere al giudizio di riprovazione espresso dalla nostra associazione circa il commento che – stando a quello che riporta la stampa (Rai News)- il parroco avrebbe esternato a ridosso del fatto di sangue.
Rai News, infatti, riporta che il sacerdote, intervenendo a caldo sulla vicenda, avrebbe detto: “Non credo volesse davvero uccidere la sorella, forse voleva darle una lezione, saranno le indagini a stabilirlo; di certo non era preparato culturalmente a vivere la relazione della sorella con un’altra donna“.
In primis salta immediatamente agli occhi che – a proposito di errori – se la dichiarazione di Rai News fosse vera, e non abbiamo motivo per credere che sia frutto d’invenzione, Patriciello occulta, ci auguriamo in buonafede, l’identità transessuale di Ciro, reiterando quella cultura della negazione che spesso, troppo spesso, è alla base dello stigma che colpisce tante persone transessuali, soprattutto in territori socialmente e culturalmente difficili, come quello in cui si è consumato il fatto. Quanto poi, non è possibile non reagire con un sussulto di sdegno verso il maldestro tentativo di giustificare il gesto di Michele Gaglione che – qualora la dichiarazione riportata da Rai News fosse vera – “ridurrebbe” un atto di violento frutto di immotivato e cieco odio transfobico in una “lezione” finita male, come se fosse possibile avallare, nel 2020, l’ipotesi di un intervento punitivo, di tipo familiare, funzionale a castigare e reprimere, con forza e brutalità, la dimensione affettiva di una ragazza maggiorenne, “colpevole” di vivere un amore non conforme alle attese maschiliste, transfobiche ed eterosessiste della famiglia.
Padre Patriciello, invece di utilizzare le colonne dell’Avvenire per gettare discredito sul lavoro disinteressato e continuo dei militanti LGBT, facendo riferimento a oscure e imperscrutabili strumentalizzazioni delle notizie, avrebbe potuto chiarire il proprio pensiero, stigmatizzando con fermezza e decisione qualsiasi forma d’odio e di violenza nei confronti delle persone LGBT+ e consolidando in questo modo quella cultura della legalità e del rispetto per l’altro, di cui ha un vitale bisogno un territorio martoriato dalla camorra.