L’inizio di un nuovo gruppo ha sempre un sapore particolare. Siamo giunti al terzo gruppo di lavorazione del progetto “Fortunato” (un progetto sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD nell’ambito del bando “E vado a lavorare”) e finalmente l’equipe inizia a lavorare con le persone in detenzione presso il reparto ospitante detenuti lgbtiq+
Fin dai primi minuti l’equipe di progetto ha avvertito un’ energia differente in seno a questo nuovo gruppo. Non parliamo di energie migliori o peggiori delle precedenti. I fluissi energetici sono lì, albergano in noi, e siamo noi a trasformarli in qualcosa di unico e speciale.
Così, ancora una volta, come sovente accaduto, succede che questi si palesano sin da subito in occasione dell’incontro conoscitivo che inaugura il nuovo corso. Ogni persona mette tutta se stessa, senza riserva alcuna inizia a raccontarsi, a condividere paure passate e buoni propositi, non solo per un ideale futuro ma soprattutto per il presente che si sta vivendo.
Il “qui ed ora” può essere un rivale acerrimo per tutti, specie per chi vive lunghi periodi di detenzione, situazione a noi del tutto aliena, ma apprendiamo discutendone insieme che un noi ora qui consapevole può generare una forte spinta positiva.
Nei nostri corsisti questa spinta inesorabile di valicare l’esercito di ombre celato dietro agli occhi e vivere l’hic et nunc è tremendamente evidente. Il desiderio di vita, di crescita, di credere che un domani totalmente nuovo sia possibile al di là delle mura della casa circondariale un po’ spiazza anche noi addetti ai lavori che abbiamo la fortuna di entrare ed uscire dalla struttura carceraria da individui liberi.
Il nuovo gruppo ci rappresenta la gioia di vivere, un sentimento totalmente umano ma tanto, troppo osteggiato e contaminato dalle cronache degli ultimi anni. Questo sentimento in loro ribolle e si trasforma costantemente in gioia.
La gioia di indossare un grembiule, di maneggiare utensili di cucina industriale, tarare gli alimenti sulla bilancia ed iniziare sin da subito a far sgorgare dalle proprie mani quell’energia che da un quid inedito al primo impasto, quello al quale si lavora insieme, senza l’ausilio dell’impastatrice che seppur presente resta lì a riposare.
Il tarallo di Poggioreale vuole essere artigianale sotto tutti gli aspetti, un tarallo inedito, un tarallo sapiente perché come ci rammenta uno dei nostri corsisti “il sapere non occupa spazio”. E allora che gli impasti inizino.
Fabio Schiattarella