Il progetto “Fortunato” (sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD nell’ambito del bando “E vado a lavorare”) all’interno del carcere di Poggioreale prosegue: in questi giorni abbiamo incontrato il gruppo composto da persone lgbt.
Nel padiglione Salerno – da cui provengono questi corsisti – si è creato un forte senso di comunità, si sono stabilite alcune relazioni stabili, regole, gerarchie e ognuno entra prepotentemente nell’intimità dell’altro.
Quasi una famiglia: un gruppo molto coeso, difficile da permeare soprattutto per i nuovi arrivati. E chiaramente, come in una famiglia, si creano dissapori e conflitti. Quale impatto ha avuto questo ambiente sul progetto Fortunato e sulla produzione del tarallo?
Abituati a cucinare insieme nelle celle ci siamo trovati un gruppo veloce ed efficiente a fare il tarallo, una vera e propria brigata: c’è già chi lava e disinfetta, chi impasta, chi cuoce… ma anche chi viene messo un po’ ai margini.
La cucina e le ricette diventano collante e argomento di discussione anche con noi operatori. Nell’ultima lezione mi hanno raccontato che i taralli che sono riusciti a portare giù nei reparti sono stati sbriciolati e usati come condimento per la pasta.
Uscendo dalle celle la voglia di cucinare è tanta e insieme alle ricette i corsisti portano nuove domande: quanta responsabilità ha la società occidentale contemporanea che per motivi fondamentalmente economici ha fatto evaporare questo senso di comunità?
L’individualismo così fortemente promosso sta creando nuove solitudini e marginalità che a volte, in contesti difficili, spingono alla devianza e quindi ad esperienze di detenzione in un circolo vizioso?
Carlo Oneto (tutor d’aula)