Il caso di Luigi Celentano, il diciottenne di Meta di Sorrento vittima dei bulli che lo minacciavano di morte – che nella notte del 12 febbraio si è allontanato da casa senza lasciare alcuna traccia della sua fuga disperata – ci restituisce in maniera evidente il clima teso e ostile in cui vivono quotidianamente tantissimi adolescenti omosessuali (o percepiti come tali) nei nostri territori.
D’altronde, il lavoro capillare di contrasto al bullismo e al cyberbullismo che il comitato Arcigay Antinoo di Napoli, in partnership con istituzioni ed enti nazionali come il MIUR e l’UNAR, sta svolgendo in moltissime scuole della regione Campania, evidenzia la situazione davvero critica dei più giovani con orientamento sessuale o identità di genere non conforme a quella della massa.
In diverse occasioni, come riportato anche da recenti articoli pubblicati dalla stampa locale, durante incontri e workshop contro il bullismo omotransfobico, i formatori di Arcigay Napoli hanno raccolto paure, timori e racconti allarmanti circa le reali dinamiche relazionali che hanno luogo all’interno delle classi, dinamiche spesso talmente silenti, subdole e ingannevoli da sfuggire anche all’attenzione degli insegnati e dei dirigenti più scrupolosi.
Ecco perché da un lato siamo convinti della necessità di insistere e implementare gli interventi di contrasto al bullismo e al cyberbullismo omotransfobico, dall’altro avvertiamo anche l’urgenza di stigmatizzare un certo atteggiamento di diffidenza nei confronti degli operatori delle associazioni lgbt, atteggiamento che ha indotto una scuola di Napoli ha sospendere un importante progetto della rete nazionale di contrasto alle discriminazioni in seguito alle resistenze di alcuni genitori.
In un Paese in cui i più giovani sono costretti ancora a vivere un clima d’odio e di violenza nei confronti delle persone lgbt, in un Paese in cui questo clima si concretizza in insopportabili aggressioni quotidiane – sia fisiche che verbali – e in un tasso altissimo di suicidi, in un Paese compulsato dal fanatismo del “No Gender” e da quello delle Sentinelle in Piedi, in un Paese in cui esistono ancora psicoterapeuti che pensano di “guarire” l’omosessualità e in cui ascoltiamo ancora politici come Mario Adinolfi, Luigi Mercogliano, Carlo Giovanardi, Giorgia Meloni e tanti altri che incitano all’odio e al disprezzo verso gay e trans, casomai dal palco di un Family Day, noi chiediamo, anzi esigiamo, che le Istituzioni siano ancora più vicine alla comunità lgbt, ai volontari che quotidianamente incontrano adolescenti, genitori e insegnanti negli istituti scolastici e nelle sedi dei comitati provinciali, e raccolgano il nostro allarme in maniera convinta e consapevole.
Il tempo che perdiamo oggi, accondiscendendo alle resistenze razziste di chi nega l’emergenza omotransfobia tra gli adolescenti, può essere letale. Letale per un nostro figlio, un nostro fratello, un nostro amico. E non vogliamo che ciò accada. Non possiamo permettercelo. Saremmo tutti colpevoli. Istituzioni incluse.