Senza “rispetto per i gay”. La verità è discriminata.

In risposta all’editoriale di Alessandro Barbano

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Foto del Direttore del "Il Mattino" di Napoli Alessandro Barbano


Egregio Alessandro Barbano,

l’editoriale da lei pubblicato sulle pagine de Il Mattino, domenica 19 ottobre, non è certo un editoriale che merita sbeffeggiamenti, come lei invece paventa e, le garantisco, non merita né ludibrio né, la pur comprensibile, irritazione.

Non ho riso leggendolo. Non mi sono limitato ad una momentanea irritazione.

Il suo editoriale, mi creda, merita grande attenzione perché genera in noi una viva preoccupazione.

Preoccupazione per la superficialità con cui affronta il delicatissimo tema dei diritti e delle dinamiche politiche che, in maniera partecipata e sistematica, stanno (speriamo) rendendo il nostro Paese un Paese più civile e più giusto, più vicino agli standard delle altre grandi democrazie occidentali e non solo (vedi i casi di Uruguay, Brasile o Argentina). Infatti, nell’editoriale in questione, lei confonde, in maniera pretestuosa, l’apertura ai diritti LGBT (Lesbian, Gay, Bisex e Trans) di alcune forze politiche, tradizionalmente ostili, ad una “gara per apparire più liberal”. Premesso che mi piace credere ad una sincera “nuova disponibilità” delle nostre forze parlamentari verso il destino d’esclusione da sempre patito dalle persone gay e transessuali, ritengo che una “gara per apparire più liberal”, tra tante squallidissime gare politiche che si consumano nel nostro Paese e sulla nostra pelle, potrebbe persino essere una gara “costruttiva”: essere più “aperti”, più “sensibili” è un traguardo che val bene una gara, e non c’è nulla di trasgressivo in una competizione del genere, le pare?

Il suo editoriale genera inoltre preoccupazione, per il modo in cui restituisce ai lettori l’immagine di una Chiesa che, finalmente, si esprime in maniera umana verso l’amore che lega me e il mio compagno da tanti anni, un amore che merita rispetto e dignità alla stregua di qualsiasi altro rapporto affettivo. Invece, in modo palesemente mistificatorio, lei racconta questa Chiesa come una Chiesa “formato ospedale da campo” utile a prestare i primi soccorsi a un’umanità smarrita invece di “guarirla dai mali”. Ecco: caro Alessandro Barbano la comunità LGBT non è affatto una comunità smarrita, ma  una comunità offesa e discriminata. Le offese e le discriminazioni, quelle sì, creano smarrimento in alcuni di noi e, infatti, almeno il 30% dei suicidi di giovani ed adolescenti è legata allo “smarrimento” che hanno vissuto nello scoprire di non essere previsti, in quanto gay o trans, da una società ingiusta, sessista ed eteropatriarcale (dati del Ministero).

Inutile, invece, ricordarle che non siamo malati. La scienza lo ha stabilito già nel lontano 1973 e la Comunità Europea promuove ufficialmente dal 17 maggio 1990 la Giornata Internazionale contro l’omofobia: l' attrazione sentimentale e sessuale tra individui dello stesso sesso è stata ufficialmente rimossa dalla lista delle malattie mentali stilata dall' Organizzazione mondiale della sanità. L'omosessualità è una variante naturale del comportamento umano, non è una malattia. Si documenti.

Il suo editoriale genera altra preoccupazione per l’implicita contraddittorietà. Lei dichiara che “la famiglia è un patrimonio perduto”. Osserva con apprensione i crolli dei matrimoni e l’incremento delle separazioni e dei divorzi. Dunque, ammette indirettamente che il modello di matrimonio tradizionale ha fallito. Mi dovrebbe spiegare, allora, perché non dare spazio a tante coppie che, al contrario, intendono sancire il proprio amore, unendosi in matrimonio. Coppie che chiedono con passione e determinazione di potersi unire per sempre. Teme forse che il fallimento del matrimonio tradizionale possa essere “rianimato” da un’arcobalenata esplosione “matrimoniale” a sessi non alternati? Non crede che riconoscere la dignità del matrimonio gay, sarebbe un’iniezione di positività e fiducia per la stessa idea di famiglia? Non crede che ne rilancerebbe le “quotazioni”, a prescindere dal genere e dall’orientamento sessuale degli sposi?

Il suo editoriale è molto preoccupante, poi, per la violenza transfobica con cui rafforza il suo  ragionamento. Con scarsa conoscenza dei fatti e delle circostanze, decide di scagliarsi contro Luxuria, grande amica e militante consapevole, che non è certo “leader” del partito dei gay – come lei ridicolmente scrive – in quanto non mi risulta esista alcun partito dei gay: i diritti delle persone omosessuali e transessuali non hanno alcun colore politico e se esiste una voce politicamente incisiva, a difesa dei diritti LGBT, non si tratta della voce di un presunto partito, ma di quella delle grandi associazioni nazionali di volontariato, in primis Arcigay, che sono quotidiano presidio di lotta alle discriminazioni e diffusione della cultura del rispetto e dell’inclusione.

Quel che è più grave, però, è che lei abbia ritratto una persona transessuale, cioè Luxuria, come “una caricatura dove l’esibizione ha sostituito il pudore”. Questa cosa – caro Alessandro Barbano – si chiama transfobia ed è un evidente incitamento all’odio e alla discriminazione.

Infine, nel suo “illuminatissimo” editoriale, ci spiega da cosa nasce tutta la sua malcelata avversione al riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso. E – sorpresa delle sorprese – ecco farsi strada l’ennesimo luogo comune: “nessun cambiamento culturale, nessun esperimento di ingegneria sociale dovrebbero poter privare chi nasce del diritto di dire mamma e papà”. Dunque la sua inquietudine riguarda l’omogenitorialità. Anche in questo caso un’inquietudine infondata poiché non esiste uno straccio di riferimento scientifico che attribuisca alla coppia formata da persone eteroseeuali maggiori capacità di amare, crescere ed educare i figli rispetto alla coppia gay. In tutta questa vicenda, ciò che dovrebbe davvero preoccuparci è la sedimentazione di luoghi comuni e preconcetti attentamente rielaborati all’interno dell’editoriale di un quotidiano ampiamente diffuso. Le opinioni sono sempre legittime ma, se vengono argomentate attraverso l’uso di cliché e stereotipi, diventano veicolo di disinformazione, di odio ingiustificato, di inutile stigma.

L’esatto contrario, insomma, di quello che dovrebbe perseguire con la sua attività professionale.

Ancora una volta, è la verità ad essere discriminata. Senza rispetto per milioni di persone gay, lesbiche e trans.

Editoriale di Alessandro Barbano: http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=964378&sez=NAPOLI&ssez=CRONACA

Antonello Sannino

Presidente Arcigay Napoli

Claudio Finelli

Presidente Coordinamento Arcigay Regione Campania

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