Salvatore Simioli
 
Arcigay Napoli sui Contratti di Unione Solidale e lo Statuto Regionale.

Dalle successioni al notaio, agli immigrati, cosa va bene e cosa no della nuova proposta di legge per le unioni di fatto presentata da Cesare Salvi al Senato. Ed una riflessione sulla vicenda dell’Articolo 9 del Nuovo Statuto regionale della Campania.

Intervista a Salvatore Simioli, avvocato,
presidente dell'Arcigay di Napoli.
di Carmine Urciuoli 
 
 
 

La proposta di legge sul CUS è molto meno dell’equiparazione del matrimonio alle persone omosessuali ma molti, anche tra i soci dell’Arcigay di Napoli dicono, "piuttosto che nulla portiamo a casa qualcosa", anche considerando che l’Italia si rivela tra i paesi più ostili in Occidente al riconoscimento di diritti alle persone glbt. Cosa ne pensa?
I CUS rappresentano una sintesi delle tantissime proposte di legge che giacciono in parlamento su questa materia e lo stesso senatore Salvi dice che il testo non corrisponde al suo interno volere ovvero non è una legge che ha fatto come avrebbe voluto e credo, avendo seguito l’agire politico di Salvi negli anni, che lui stesso abbia delle riserve su questo testo. E’ da apprezzare la buona volontà del senatore Salvi ma noi associazioni e movimenti siamo portatori delle istanze, la mediazione spetta alla politica.

Cesare Salvi auspica per la legge sul CUS in particolar modo “consenso parlamentare”.
Il senatore ha cercato di lavorare per dare una veste giuridica ad un vuoto normativo, in modo tale da creare una larga maggioranza in parlamento. Questo è un lavoro meritevole ma noi associazioni e movimenti desideriamo una legge diversa: l’estensione del matrimonio civile alle persone omosessuali o un CUS molto migliorati rispetto alla proposta di legge presentata.

Cosa buttiamo giù dalla torre del “Contratto di unione solidale”?
Prima di tutto il termine “contratto”, perché anche il matrimonio può essere inteso come contratto ma nel caso dei CUS ha inteso sottolineare il significato di un riconoscimento di tipo privato. Non è esattamente quello che fu chiesto dall’ex presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Camillo Ruini ? E se è vero che i termini assumono significato giuridico una volta introdotti nel nostro ordinamento perché non definire questa legge Pacs ?
Ma contratto non è l’unica cosa che butterei dalla torre, un’altra cosa è la figura del notaio.

Il notaio non va bene per quale motivo?
A parte l’esborso di danaro che è necessario per andare da un notaio (e c’è il presupposto sbagliato, tutto di destra, che gli omosessuali abbiano più soldi da spendere degli eterosessuali), il notaio prende atto delle dichiarazioni private tra i contraenti di un patto, ed ha come finalità quella di registrare aspetti privati delle persone, a differenza di chi si sposa, che va davanti all’ufficiale di stato civile. E’ vero che i CUS, i Dico o i Pacs sono contratti privati con effetti sul piano pubblico, ma c’è una differenza simbolica e politica grossa tra riconoscimento pubblico di un matrimonio allo Stato Civile ed un rapporto privato, come i CUS o i Dico, con effetti rilevanti sul piano pubblico.

Quale significato ha sul piano politico l’introduzione della figura del notaio?
Sul piano politico questa scelta con l’uso del termine “contratto” toglie rilevanza pubblica alle famiglie non tradizionali, quindi anche omosessuali. Introducendo il notaio si considerano i CUS come un regolamento di rapporti privati con rilevanza pubblica. Il notaio prende atto di dichiarazioni di ogni tipo fatte da persone davanti a lui, non riconosce in alcun modo il legame affettivo. E’ per la compravendita di una casa o di un automobile che si va davanti ad un notaio non per un matrimonio. La veste giuridica che viene data a questo provvedimento non riconosce alle nostre coppie la dignità di famiglia. Come vogliono le forze extraparlamentari molto potenti già citate, non si intacca l’identità, culturale ed antropologica, della famiglia cattolica tradizionale, quel tipo di famiglia che noi non avversiamo ma che le statistiche ci dicono esistere sempre meno. Vengono riconosciuti dei diritti è vero alle persone omosessuali ma in maniera nascosta. E’ una via italiana per riconoscere i diritti a dei cittadini.

Al posto del notaio le coppie affettive potranno andare però dal giudice di pace, che è una figura nuova introdotta nella proposta di legge di Salvi.
Il giudice di pace è una figura nuova e mi auguro che diventi come il giudice di pace presente negli Stati Uniti, quello dei riti nelle cappelle private che siamo abituati a vedere nei film americani. Questo permetterebbe attraverso i CUS quella forma di celebrazione laica pubblica che ci viene negata allo Stato Civile, come l’ignominiosa raccomandata di notifica al convivente che Rosi Bindi aveva messo nei Dico. A differenza dei Dico qui è permesso addirittura per i conviventi componenti della famiglia di fatto di presentarsi insieme…

Se dobbiamo applaudire per questa concessione siamo messi un po’ male…
Infatti, io avrei preferito l’ufficiale di stato civile, che è la figura capace di modificare lo status delle persone, la carta di identità, e che ricorda anche nel diritto romano quel diritto di status essere altra cosa,, dal momento in cui si è sposati. Ma noi coppie omosessuali, per i nostri politici, siamo altra cosa rispetto alle coppie di cittadini alle quali è permesso accedere all’istituto di “famiglia”.

La non estensione di diritti a dei cittadini può essere considerata come una discriminazione?
La volontà di inserire il termine contratto e l’uso del notaio determina l’intenzione di discriminare le nostre famiglie e noi non possiamo accettare una cosa del genere.

Riguardo alla successione, cambia qualcosa rispetto ai Dico?
C’è poca differenza con i Dico perché occorrono sempre 9 anni di convivenza dalla stipula del contratto (ricordo che col matrimonio civile a cui possono accedere solo i cittadini eterosessuali tutti i diritti di successione si attivano immediatamente) e c’è anche un problema, che io reputo molto grave, di transizione a questa legge perché per tutti coloro che già convivono di fatto non viene riconosciuto il tempo già vissuto insieme con questi CUS, poiché il termine decorre a partire dalla stipula del contratto.
Mi spiego, i Dico prevedevano il riconoscimento dei registri che già c’erano, quindi aprivano anche alle coppie di fatto che si erano iscritti in questi registri (e ricordo che esistono registri istituiti già da molti anni in alcune città). I CUS non riconoscono la convivenza in sé ma i tempi dal momento in cui si stipula il contratto. Se devono passare 9 anni dal contratto per attivare l’effetto giuridico, chi ha convissuto già per 18 anni e domani stipula il contratto è come se non avesse mai convissuto prima di quel momento.

Che opinione ha riguardo alle possibilità date di contrarre i CUS ai migranti, settore di cui ha la delega nazionale in segreteria Arcigay.
Non possiamo non essere contrari agli aspetti di questa legge relativi ai migranti.
La proposta di legge presentata da Salvi prevede che può contrarre i CUS solamente l’immigrato che già sia in possesso del permesso di soggiorno.
Io leggo subito un duplice effetto negativo, sia come mancato riconoscimento dell’affettività dell’immigrato omosessuale (l’immigrato eterosessuale può aggirare questo ostacolo sposandosi) sia, più culturale, rispetto ai migranti che vengono ancora una volta considerati solo braccia da lavoro e non persone. Gli immigrati, stando a quanto dice questa legge, possono innamorasi e vivere in Italia solo se sono lavoratori.

Se il legislatore fosse lei quali diritti introdurrebbe per i migranti in un legame affettivo.
Chi è legato da un legame affettivo sia omosessuale che eterosessuale abbia la possibilità, con un atto, di vedersi riconosciuta questa relazione ed avere il permesso di soggiorno.

Prima ha parlato di “via italiana” al riconoscimento di diritti alle famiglie di fatto. Cosa intende?
L’Italia vuole distinguersi nella materia del riconoscimento di diritti alle famiglie di fatto rispetto ai numerosi stati europei dove esiste già una o addirittura più leggi a disposizione dei cittadini conviventi. A parte il gravissimo ritardo ad approvare la legge, non capisco la via italiana a questa soluzione: penso che non ci sia alcun bisogno di inventarsi di qualcosa di particolare in Italia visto che si parla di diritto privato europeo e di convergenza delle normative nazionali verso una uniformità.

Pare che l’Italia voglia distinguersi anche a livello locale, se consideriamo la querelle in Consiglio Regionale sull’articolo 9 del Nuovo Statuto che estenderebbe dei diritti alle persone omosessuali.
I piani delle leggi nazionali sui conviventi e l’articolo 9 del nuovo statuto regionale sono diversi. L’Articolo 9 del nuovo statuto regionale è, pari della nostra Costituzione nazionale, una norma generale e astratta e come tale volta a tutelare quanti più cittadini possibile. Arcigay di Napoli già da tempo segue la redazione del nuovo statuto regionale campano.
Non si capisce la polemica di queste ore, che apprendiamo dai giornali, di chi vorrebbe interpretare in senso non giusto una norma che prevede la possibilità, senza alcun automatismo, di ampliare l’estensione di diritti anche alle coppie di fatto.
Mi sembra accettabile che un nuovo statuto sia più moderno e riconosca le nuove famiglie. Il Governo ha presentato una legge sulle famiglie di fatto (i Dico), tutta l’Europa ha riconosciuto le famiglie di fatto, perché la regione Campania non dovrebbe prevedere in statuto, quindi in astratto, le famiglie diverse dal matrimonio ? Potremmo trovarci a breve una legge nazionale che riconosce dei diritti alle famiglie di fatto e noi uno statuto regionale vecchio rispetto a questo, impossibilitati ad applicare la legge nazionale sul nostro territorio.

Il bisticcio sull’articolo 9 in Consiglio Regionale è tutto a sinistra. Come spiega una cosa simile?
A sinistra, qui in Campania, bisogna riconoscere che il mondo sta andando in altre direzioni. In questo momento le posizioni del governo ed anche di certe aree della destra riconoscono le coppie di fatto. E’ dovere del nostro legislatore locale pensare alle numerose famiglie non tradizionali presenti sul nostro territorio, ad esempio alle famiglie monogenitoriali, ad una ragazza madre con un figlio, ed alla possibilità che gli diamo di accedere ad uno sconto o ad un finanziamento. La possibilità è data per il futuro. Qualora fosse riconosciuta la famiglia di questo tipo la Campania avrebbe uno statuto che non vieta una cosa del genere. Sottolineo che sul piano dello statuto siamo su un quadro ipotetico.
Penso che il problema reale sia di cultura politica, si guarda sempre all’effetto elettorale ed alla ricaduta elettorale. Quando la politica si trova in difficoltà cerca dei sostegni facili nelle logiche che sono sul territorio anche se sono poco rispettose della democrazia.

Il Comitato Arcigay di Napoli sta lottando per il riconoscimento della famiglia anagrafica affettiva anche a livello comunale…
Abbiamo avviato a Napoli questa battaglia con un ampio schieramento trasversale di associazioni, omosessuali in parte minima per la verità, volte al riconoscimento delle nuove forme di famiglia sul territorio comunale, perché i bandi che riconoscono dei vantaggi per i contributi per l’acquisto della prima casa, anche sul territorio locale, danno piccoli margini di manovra ma non viene riconosciuta neanche l’esistenza di queste forme di famiglia, per questo motivo al momento non si possono ricondurre nemmeno gli effetti giuridici minimi che i comuni possono predisporre. L’intervento che abbiamo inteso fare a livello locale colma questo vuoto.

 

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