Avete chiesto di raccontare la propria storia. Non ho una mia storia. cio' che ho e' parte di una storia: la nostra storia. Non e' un tema epico ne' un trattato etico. Siamo noi. Io e lei. Ho scelto di raccontarla solo per rivivere i momenti piu' intensi, quelli che hanno cambiato il corso della mia vita. Non voglio che ne esca un quadro nostalgico ne' rancoroso poiche' cio' che e' stato vive ogni giorno in cio' che e' e so che si proiettera' in cio' che sara',nel bene e nel male, in un modo o nell'altro saremo sempre in due! non lo dico da ragazza idealista che resta legata al passato ma da donna nuova che vive in un presente dove puo' affermare se stessa, il proprio essere grazie ad un passato ormai remoto di confusioni, dubbi, lotte e sotterfugi che mi hanno costretta in un ruolo non mio. Siamo partite in quattro per arrivare in due. Ognuna portava dentro l'ombra di se stessa. Quell'ombra e' ormai fuori mi accompagna ma resta sempre e comunque alle mie spalle seppur non e' piu' una minaccia ma una compagna di viaggio che proietta il mio essere sul selciato ricordandomi di restare con i piedi per terra... siccome la "nostra storia" dovrebbe essere un racconto a quattro mani poiche' son sempre due le campane che devon suonare per dar giusta armonia ai rintocchi non vi parlero 'di me ma della mia parte di storia : lei, Monica.
Avevo 22 anni e una carta d'identita' in tasca: in cui ero cio' che sono, una donna. Al collo la mia prima macchina fotografica (non ancora digitale...), sacco in spalla alla stazione di Milano. Era il mese di giugno, faceva molto caldo ed io come al solito ero controcorrente: tutti assaltavano i treni diretti in localita' di mare alla ricerca di un utopico refrigerio mentre io andavo nella svuotata Milano per un solitario viaggio culturale con lei.
Classiche tappe duomo-castello sforzesco-scala... e poi all'avventura! ero nel mucchio caotico di cinesi davanti al duomo quando mi sento toccare dolcemente su una spalla e allo stesso tempo una voce che mi sussurra "mi scusi"... mi sono voltata e... un flash... e non era la mia macchina fotografica... ma i miei occhi che hanno trasmesso un fermo immagine meraviglioso alla mia testa che non riuscendo a contenerlo l'ha spinto in basso fino al mio cuore che ha aperto un file...salva con nome...m o n i c a! cosi' si e' presentata la splendida creatura che mi ha sorriso porgendomi la macchina fotografica che mi era caduta nel caos del mucchio selvaggio!!! all'ombra della madonnina ci siamo appartate per chiacchierare. Si intuiva una vicendevole istantanea simpatia. La ringraziai per la cortesia di avermi riportato quella macchina fotografica a cui tanto tenevo... “ti piacciono davvero tanto le fotografie?” - mi chiese con quel meraviglioso sorriso che le dipingeva sul viso due simpatiche fossette ai lati della bocca e luccicava nel riverbero di quei profondi occhi blu incorniciati da lunghi capelli color dell'oro... un incanto! sentivo un fremito che cercavo di nascondere abbassando lo sguardo imbarazzata e impacciata nel parlare...sembravo un adolescente alla sua prima cotta... “considero le fotografie un quadro della realta' poiche' riescono a cogliere le sfaccettature dei contrasti tra cio' che c'e' intorno ed il soggetto in primo piano. Mi piace quando la scena ripresa s'innesta in uno scenario di quotidianita' dove anche un sorriso in primo piano puo' avere un senso e suscitare una diversa emozione se e' ripreso in una giornata di sole o di pioggia”.
Avrei voluto dirle anche che davanti a quell'opera d'arte storica che sopravvive all'incedere del tempo l'avrei fotografata come un angelo che tra quelle guglie ha trovato riparo dagli sguardi indifferenti ed ha scovato quelle emozioni che da tempo si nascondevano temendo la loro stessa essenza tanto da farmi dubitare della loro esistenza. Mentre parlava e mi raccontava di se' ebbi il coraggio e la forza di sollevare lo sguardo e fissare i suoi occhi: fu come un viaggio baudelairiano nelle fragranze dell'eccesso, dove i sensi vengono portati allo stremo fino all'esaurimento di ogni minima forza fisica... vidi l'incertezza, il suo sopito dolore come un urlo soffocato in un cuore ammalato. Monica era un 32enne medico pediatrico, sposata da 6 anni con il suo migliore amico. Non si soffermo' oltre sul suo matrimonio. Al contrario mi parlo' orgogliosa del suo lavoro. La luce dei suoi occhi mutava. Come dal giorno alla notte quando l'argomento della conversazione si spostava dal lavoro al marito. Ricordo che neppure menziono' il nome di quest'ultimo. I bambini. Quando parlava di loro anche il timbro di voce mutava... le parole diventavano fruscii, scrosci di fresca acqua di torrente che precipitavano in un fiume in piena d'emozioni pronte a gettarsi nel mare del suo cuore e li' sprofondare davanti a quelle che lei chiamava le sofferenze di una realta' che spesso non rispecchia il nostro essere. Ricordo che mi disse se conoscevo pirandello e io subito lo associai alla maschera... ognuno di noi nella vita e' uno per come si pone con gli altri, centomila per come viene recepito da ciascuna persona e finisce per esser “nessuno” poiche' tra mille identita' percepite dagli altri smarrisce la propria, quella reale...questo fa si' che una persona si adatti, viva seguendo quelle che sono le convenzioni sociali, ponendo una maschera al proprio essere per apparire cio' che gli altri credono tu sia... “e tu Genny, chi sei?”. “Non so rispondere alla tua domanda. Per farlo dovrei conoscere me stessa. Ma entrare in me e' come fare un viaggio in un labirinto senza mappa... finisco sempre col perdermi e di rifare la stessa strada ritrovandomi al punto di partenza ma con meno forze ed entusiasmo... così mi sono seduta e sto aspettando... magari arrivasse arianna col suo filo...” lei sorrise. erano passate ore e stava facendo buio ma mai come prima nella mia vita c'era stata tanta luce... “vedi io e te abbiamo tanto in comune. Parlare con te e' come parlare con me stessa, con la differenza che ho delle risposte che pur cercandole da sempre non avevo mai trovate al punto da pensare che le mie fossero solo domande retoriche...”. Dei rintocchi ci riportarono alla realta'... “e' davvero tardi... – mi disse dando una rapida occhiata all'orologio – non mi sono neppure resa conto di come passasse il tempo. Ma tu devi ripartire o ti fermi ancora a Milano?” avrei voluto restare li' per sempre ma non ebbi il coraggio di dirglielo quindi le annunciai la mia imminente partenza. anzi dovevo riuscire a prender il treno di li' ad un'ora e trovare subito un taxi.
Lei si offri' di riaccompagnarmi cosi' facemmo il tragitto in macchina chiacchierando con una complicita' da vecchie amiche che non si vedono da un po' ma che non si sono mai perse... mi accompagno' fino al treno e ancora era li' quando presi posto sul treno e mi affacciai dal finestrino. Eccola sulla pensilina... con il suo dolce sorriso e la mano aperta in un saluto che era piu' d'accoglienza che d'addio... “torna presto Genny”. Riuscii solo questo a leggere dal suo labiale... poi il treno parti'. Fu come se una parte di me, quella che non conoscevo o che non ascoltavo piu' da cosi' tanto tempo da averla rimossa rimase li'...non l'avevo pero' persa bensi' mi ero ritrovata e in cuor mio sapevo che questa volta avrei fatto di tutto per non privarmi mai piu' di cio' che ero.... quel viaggio mi aveva portato a scoprire un vero tesoro e non l'avrei mai piu' sotterrato. Volevo viverlo. fosse stato anche per un solo giorno quell'intensita' mi avrebbe ripagato per tutta una vita. Un sms. Era lei. “corto o lungo che sia quel filo e' qui. Sono io la tua arianna. Non ho la strada ma una consapevolezza: in due non ci si perde poiche' quando qualcuno arretra o cade l'altra torna indietro la risolleva e le offre il braccio come punto d'appoggio per il suo corpo stanco e con un sorriso ridona l'entusiasmo di provarci ancora. Seppure non percorreremo quella giusta di tante strade potremmo scegliere quella piu' adatta a noi e ovunque si arrivi o ci si fermi ci restera' un tratto fatto in compagnia che non sara' piu' sconosciuto e quindi non fara' piu' paura. Ci siam trovate, ci siam sfiorate... mai piu' isolate!”