Ho sempre pensato che la legge sulle unioni civili fosse un passo necessario per questo Paese, non esclusivamente per la comunità LGBT, ma per l'intero benessere della nostra società.
Fino a ieri festeggiavamo provvedimenti amministrativi come grandi passi in avanti: registri comunali per le unioni civili, trascrizione dei matrimoni e dei certificati di nascita nei registri comunali di competenze, erano, e forse lo saranno ancora, anche a legge nazionale approvata, per la portata culturale e politica di cui si fanno carico, in una Paese complesso come il nostro anche demograficamente, una grande conquista per la comunità LGBT. Grandi passi in avanti che, con orgoglio, hanno visto proprio la città di Napoli in primissima linea, trasformandola in una vera e propria Rainbow Repubblic ( è ancora viva l'immagine di plebiscito rainbow per il corteo sulle unioni civili del 23 gennaio e per san valentino poi).
Una legge che estende i diritti a soggetti non ancora portatori di questi diritti è una legge che produce necessariamente cultura e genera di conseguenza benessere a tutti i livelli.
Se si pensa inoltre che fino a metà ottocento non esisteva neanche una la parola omosessuale, che fino al 17 maggio del 1990 l'omosessualità era ancora una malattia mentale e come tale veniva curata con elettroshock e shock insulinici, ci rendiamo conto della velocità globale con la quale sono arrivate nel mondo occidentale importanti leggi di uguaglianza e civiltà (mentre in Paesi a noi vicinissimi, come quelli sotto il controllo del fondamentalismo islamico, ma anche nel continente europeo come la Russia, si inaspriscono le condanne, financo la pena di morte, nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e trans).
Sono decenni che aspettiamo una legge che riconosca alle coppie composte da persone dello stesso sesso il riconoscimento pubblico dei loro affetti, una legge che sancisca definitivamente un primo passo verso l'uguaglianza per tutti i cittadini e per tutte le cittadine italiane. Ci sono tantissime coppie che da anni chiedono di poter accedere a dei diritti, ma chiedono, anche attraverso una fondamentale ritualità pubblica, il riconoscimento del loro amore, di uscire definitivamente fuori da una clandestinità nella quale erano state relegate le relazioni sessuali, affettive e amorose tra persone dello stesso sesso. Per questo credo sia incomprensibile una posizione ortodossa di chiusura verso questa legge, seppur rivista a ribasso, sarebbe ed è incomprensibile scendere in piazza con un "vogliamo o tutto o niente".
Negli ultimi anni si è poi, in Europa prima e in Italia poi, aperto, in modo dirompente, il fronte di rivendicazioni delle delle famiglie arcobaleno, ovvero famiglie composte da genitori dello stesso sesso, che purtroppo non vedono riconosciuti i diritti fondamentali di famiglia che ha una progettualità di genitorialità, la quale spesso viene poi concretizzata all'estero. Queste famiglie non solo chiedono il riconoscimento pubblico dei loro affetti, del loro amore, del loro essere famiglia, ma chiedono che vengano tutelati i diritti dei loro figli e il diritto fondamentale al riconoscimento della loro genitorialità.
Solo in apparenza può sembrare che ci siano due anime nel movimento LGBT italiano, ma, in realtà, non è così: tutto il movimento chiede da sempre un unico grande diritto, il diritto all'Uguaglianza, quel diritto che non può lasciar dietro nessuno, fosse anche un solo cittadino o una sola cittadina e che tocca difendere anche se apparentemente sembra che sia una cosa lontanissima da noi. Difendere l'uguaglianza e la felicità dei propri cittadini è il diritto primo di una comunità e non vi è, in una scala di priorità, nulla che può venire "prima". Per questo è ovvio che sia necessaria una legge per le Unioni civili, ma è altresì ovvio che questo testo passato al Senato è molto lontano dalla perfetta e necessaria uguaglianza e, per questo, continueremo a utilizzare ogni strumento di pressione politica e culturale, compresa la piazza, ed è per questo che saremo in piazza a Roma anche sabato 5 marzo e continueremo ad esserci in futuro.
Certo però c'è da riflettere sulla portata culturale di una legge e da dove questa prende forma. Ci lascia pertanto perplessi tutto il dibattito politico di questi giorni, al Senato, sulla stampa e nel Paese. E' inaccettabile l'arretratezza culturale della nostra classe dirigente, la violenza e l'aggressività del confronto politico al Senato.
E' inaccettabile la strumentalizzazione di questa legge da parte di molte forse politiche, M5S compreso, ma è inquietante che questa legge sia arrivata attraverso un compromesso politico con una forza reazionaria, purtroppo al Governo, come quella capeggiata da Alfano e sono inaccettabili le parole del Ministro degli interni un attimo dopo l'approvazione al Senato "abbiamo impedito una rivoluzione contro natura".
Una legge deve fare necessariamente cultura, non solo per i diritti che andrà a garantire, ma anche per quello che è il confronto politico e, se è vero che in politica l'arte del compromesso è spesso necessaria, se non addirittura virtuosa, questa però non deve mai portarci a scendere sotto determinati valori di dignità e di civiltà. Un Governo progressista, laico e moderno non può permettersi, per nessuna ragione al mondo, in maniera particolare nel settore dei diritti inviolabili dell'individuo, compromessi politici, etici e morali con una destra populista, reazionaria e clericale. Soprattutto, tutto ciò non può avvenire in un momento storico in cui i fondamentalismi religiosi stanno cercando di riportare l'umanità in un clima di terrore e di paura.
Continueremo a batterci perché vengano riconosciuti i diritti dei bambini delle famiglie arcobaleno, un tema ben oltre quello della stepchild adoption, ci batteremo perché venga riconosciuto il diritto di genitorialità alle persone LGBT, affinché venga estesa la possibilità di poter adottare ai single e alle coppie composte da persone dello stesso sesso, continueremo a batterci per sognare un mondo migliore per tutte e per tutti, non un modo normale, ma un mondo migliore, perché quel vincolo di fedeltà, tolto a sfregio nelle legge passata a Senato, possa invece aprire un fronte di rivendicazioni nelle famiglie tradizionali, quelle famiglie tradizionali profondamente in crisi perché fondate su un modello che necessita una profondissima attualizzazione a una società radicalmente mutata e in rapidissima evoluzione. Continueremo ad essere in piazza per difendere quei valori di libertà, uguaglianza e solidarietà alla base della nostra meravigliosa Costituzione repubblicana. Saremo in piazza sabato 5 pronti a vigilare su qualsiasi deriva strumentale della piazza stessa, di chi vorrebbe magari utilizzarla per ricavarne visibilità e utilità personale, saremo in prima linea, oggi e in futuro, citando Arrigo Boldrini, per chi è con noi, per chi non sarà con noi, ma anche per chi oggi è contro di noi.