Vi riportiamo a seguire i dati e le tabelle del rapporto annuale sull'omotransofobia svolto da Arcigay. Si registra, nell'ultimo triennio 2012/2015, un grosso incremento di casi di omotransfobia a Napoli, che diventa un caso a livello nazionale. Certo non è che una grande città come Napoli si riscopre omofoba da un momento all'altro, ma va esaminata con molta attenzione, a nostro avviso, questa singolare apparente esplosione di omotransfobia nel capoluogo partenopeo. Da notare che Napoli nel corso di questo ultimo triennio è stata in prima linea, attraverso una serie di provvedimenti, avanzati dalle associazioni LGBT del territorio e fortemente voluti dall'Amministrazione guidata da Luigi de Magistris( Napoli prima grande città d'Italia ad aver avuto il Registro delle Unioni Civili, ad aver trascritto un matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso, ad aver trascritto l'atto di nascita di un bimbo figlio di due mamme sposate all'estero di cui una napoletana, il caso Ruben, ad aver avviato un importante lavoro nelle scuole con il progetto Napoli DiverCity e con il Forum Internazionale delle Culture, ad aver avviato percorsi di inserimento lavorativo di persone lgbt discriminate sui luoghi di lavoro Diversity on the Job). Questi importanti provvedimenti e la crescente visibilità delle associazioni LGBT del territorio hanno prodotto probabilmente una maggiore consapevolezza all'interno nella comunità LGBT napoletana, che ha finalmente preso coscienza dei propri diritti e ha iniziato a denunicare alle associazioni e in molti casi alle Forze dell'ordine, le violenze e le minacce di stampo omotransfobico. Per questo siamo convinti che sentenze esemplari come quella del 2014 sul caso di Maria Luisa Mazzarella, aggredita nel 2009 a Piazza Bellini, insieme all'azione sinergica delle Istituzioni e delle Associazioni LGBT del territorio possano finalmente far emergere i casi di omotransfobia. Occorrono però provvedimenti strutturati, sia su scala regionale, sia su scala nazionale. E' urgente a nostro avviso una legge contro l'omotransfobia, soprattutto in questo momento storico e in previsione dell'approvazione della legge sulle Unioni civili, che porterà come successo in altri Paesi, un incremento e una emersione dei casi di omotransfobia.

 

OMOTRANSFOBIA 2013-2015: 325 vittime: poco meno di due ogni settimana.

 

12 omicidi, 22 suicidi, 3 tentati suicidi, 124 vittime di aggressioni isolate, 12 vittime di aggressioni a coppie o gruppi, 62 atti di pesante intimidazione o discriminazione (per l'elenco dei casi clicca qui).

Ma l'elenco è sicuramente incompleto perché raccoglie i soli casi denunciati. Mancano tutti i casi di bullismo nelle scuole, che spesso si risolvono senza denuncia, e quelli di tutte le vittime che, per loro motivi, forse non condivisibili ma da rispettare, non hanno avuto il coraggio di denunciare.

La presente ricerca è svolta per conto di Arcigay, a cura di Massimo Battaglio, nelle more del rapporto annuale sull'omofobia, eseguito per il Ministero delle Politiche Sociali.

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mappa aggiornata al 13.03.2016 dopo l'uccisione di piccola Ketty a Napoli


Il 2015 si chiude con 93 vittime di omofobia registrate sul territorio italiano: 36 persone omosessuali hanno subito un'aggressione mentre erano da sole; 28 in coppia o in gruppo; 23 hanno ricevuto minacce di morte, pesanti intimidazioni o gravissime discrimazioni; 4 sono state uccise; 2 si sono uccise; 1 ha tentato il suicidio.

omofobia2015

 

La situazione globale non sembra particolarmente diversa dai due anni precedenti: nel 2013 si erano registrate 90 vittime; nel 2014 erano state 80.

confronto2031415

 

Sembra cambiare un po' la distribuzione degli episodi, ma non al nord: nel 2013, le vittime nelle regioni settentrionali erano state 41, nel 2014 erano 38, nel 2015 tornano a 41, rappresentando quasi il 50% del fenomeno.

Al centro, il fenomeno sembra in lieve decrescita: a fronte delle 31 vittime del 2013, se ne registrano 29 nel 2014 e 20 nel 2015.

Al contrario, si assiste a un incremento dell'emersione di episodi omofobi al sud, dove si passa dalle 16 vittime segnalate nel 2013, alle 22 nel 2014 e alle 35 del 2015. Il fenomeno è particolarmente evidente nella città di Napoli, dove nel 2013 era emerso un solo caso; nel 2014 si era passati a 5 e, nel 2015, si è arrivati a 12, raggiungendo il dato di Roma, che negli anni precedenti sembrava detenere il record dell'omofobia. Un tale rapido e consistente aumento non può far pensare a un vertiginoso crollo della qualità della vita, ma piuttosto a una presa di coscienza della comunità lgbt, che ha imparato a denunciare il fenomeno.

sud

 

Sembra cambiare la qualità del fenomeno: a fronte di una costante registrazione di aggressioni fisiche, si assiste a una progressiva emersione di fenomeni di forte discriminazione (licenziamenti, casi di stalking, persone cacciate da luoghi pubblici o costrette a lasciare la famiglia) e di minacce (lettere, scritte o biglietti a persone o gruppi di persone): si passa dai 13 casi emersi nel 2013, ai 24 del 2014 e ai 23 del 2015. Aumentano anche gli omicidi: erano stati 1 nel 2013 e 1 nel 2014, mentre se ne sono registrati 4 nell'ultimo anno. Al contrario, diminuiscono i suicidi: nel 2013 se ne erano registrati ben 13, scesi a 5 nel 2014 e a 2 nel 2015. Quest'ultimo dato sembrerebbe confermare il fenomeno più volte studiato dai sociologi, dell'emulazione suicida.

 

dati

 

Osservando i dati del 2015, emerge una forte concentrazione di episodi nelle città di Roma e Napoli - rispettivamente con 12 e 11 casi, seguite da Milano con 7 casi, Catania con 5, e tutta una serie di altre città in cui si sono registrate da 1 a 3 vittime, spesso raggruppate in un solo episodio.

 

citt

 

Ordinando però le città per popolazione, dalla più piccola alla più grande, e rapportando il numero dei casi registrati al numero di abitanti, si osserva una tendenza quasi inversa. Vale a dire che, quanto più il centro è piccolo, tanto più è elevata la probabilità che emergano casi di omofobia: si va dall'indice pari a 3.60 casi ogni 100.000 abitanti calcolato a Sala Braganza (PR), a quello di 0.01 di Palermo e Torino. Leggermente superiori sono gli indici di Roma, Milano e Napoli, pari rispttivamente a 0.05, 0.07 e 0.12, comunque inferiori alla media (che è 0.428). Torino si conferma come la città meno omofoba d'Italia, ma bisogna osservare che Roma non è affatto la più omofoba, come apparentemente viene da pensare.


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L'inversa proporzionalità tra numero di abitanti e "indice di omofobia" sembra un fenomeno costante, che si ripete osservando tutti gli episodi avvenuti nei tre anni.

Nel grafico a seguire si sono raggruppate le città per fasce di popolazione, e per ogni fascia si sono indicati i casi emersi durante i tre anni. Si conferma che il numero maggiore di casi è stato registrato nelle città con più di un milione di abitanti, ma che l'incidenza maggiore è nettamente inversa: per ottenere un dato paragonabile a quello dei 64 casi registrati tra Roma, Milano e Napoli, è sufficiente sommare gli episodi avvenuti nei centri con meno di 50.000 abitanti. Solo che le vittime delle tre maggiori città, si distribuiscono su una popolazione superiore a 4 milioni di persone, mentre quelli delle città più piccole si concentrano su meno di 800.000 abitanti. Se si considera che le persone lgbt provenienti da piccoli paesi, tendono da sempre, per svariate ragioni, a migrare verso città più grandi, e che quindi la percentuale di cittadini omosessuali residenti in piccoli centri è sensibilmente inferiore a quella tipica delle grandi città, si deduce che nei centri di provincia è ancora molto più probabile essere vittime di omofobia.

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L'indice di omofobia non segue una logica così ferrea se si osservano i dati per regione. Escludendo il dato anomalo della Valle d'Aosta, dove la scarsità di popolazione rende altissima l'incidenza dei soli tre casi registrati, si osservano indici piuttosto variabili, con una punta in Umbria e una totale mancanza di casi segnalati in Molise e nelle Marche.

 

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La distribuzione temporale dei casi rivela periodici momenti di concentrazione degli episodi, su una costante attività di fondo. Vi sono pause mai superiori alle due settimane.

 

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